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Santità politica? - Maria Vittoria Montemurro

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Penso a tutte le cose che abbiamo scritto nel nostro pezzo comune del numero essere sante oggi, penso alla grande difficoltà di spiegare, tradurre in esempi le cose affermate. Penso a Lucia. E ancora una volta, forse sarà così per sempre, è da lei che prendo l’avvio per fare una riflessione sull’essere sante oggi. Per caso rileggendo i suoi scritti mi viene sottomano un suo piccolo pezzo sulle Madri de Plaza de Majo, quelle che dopo anni ogni settimana scendono in piazza con il capo coperto da un pannolino bianco per ricordare la loro condizione di madri di quei figli loro strappati e fatti scomparire nel nulla dal golpe argentino del ‘76. In Plaza de Majo non scendono solo le madri dell’epoca, diventate ormai nonne, ma anche le figlie sopravvissute o ritrovate e madri che non hanno mai partorito.

Ecco se penso a cosa voglia dire per me essere sante oggi, a cosa voglia dire vivere le relazioni non come esperienza privata ma come pratica politica, in grado di attraversare e modificare la vita di tutti, penso a loro, alla loro irriducibile lotta che anche dopo anni non delegano ad altri, perché non si tratta di far valere diritti violati, ma della possibilità di rivendicare quella competenza di aver costruito una società dalle relazioni tra loro, in nome della loro relazione madre – figlia\o. La loro santità, capacità del tutto femminile di far vuoto per accogliere l’altra\o e farlo vivere liberamente, è nel trasformare il loro privatissimo lavoro di cura materno, con tutto ciò che esso comporta, in agire politico. Le madri incalzano perché non si cancellino le tracce, perché dei corpi dei loro figli dispersi non si perda la memoria, perché la memoria non venga eliminata per sempre da quel mare che ha inghiottito i loro ragazzi, qualcosa che testimoni il loro essere stati vivi e la barbarie della loro soppressione. Come Antigone, e qui è Angela a venirmi incontro, esse pretendono “di amare ciò che è eliminato, che deve essere cancellato e assimilato”, secondo “lo spirito di una memoria possibile secondo i modi di coloro che la desiderano”.

L’esperienza del dolore che le donne conoscono perchè “sventurate”, la loro miseria simbolica, il loro amore incondizionato per i figli, tutti i figli, spinge le Madri alla loro protesta pacifica e continuativa, divenendo il terreno di una trasformazione dove capita altro come la loro storia continua ad insegnarci.

 

Oggi sono scesa di corsa per andare al lavoro e alla stazione della metro ho avuto bisogno del bagno. Molto pulito una signora gentile alla porta. Nel mettere le monete nel cestino ho dato uno sguardo sul tavolino e ho visto in un angolo aperto a faccia in giù un libro di filosofia. Ho alzato gli occhi ed ho incrociato quelli della donna davanti a me. “…ho il diploma di insegnante e studio filosofia, quando il lavoro mi lascia un minuto libero, mia figlia dorme o è da qualche amichetta, ed io non sono proprio stanca da non capire niente; sa, io credo di poter avere una vita migliore, per entrambe…”

 

Lucia cita nel suo scritto L.Irigaray:” le donne mettono al mondo qualcosa di diverso dai figli, si genera qualcosa che non è il bambino ma amore, società, politica e religione”; con im-mediatezza.

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